Sarà l'influenza del tepore primaverile, ma sento una strana forma di influenza. La testa occupata da pensieri gentili, gli occhi puntati sul cielo azzurro, le orecchie tendenti all'ascolto di musiche brasiliane che mi inebriano di sogni lontani. Questa è una forma virale rara, mi sa...meglio fare degli accertamenti al cuore, così accellerato nel battito, allo stomaco che mi si strizza in uno spasmo inusuale, alle braccia molli di una stanchezza accomodante, quasi pigra direi...mi devo spaventare? Dove è finita, oggi, la spasmodica attesa del niente che accade, dove sono i pensieri cupi a tratti malinconici delle mie giornate più uggiose di quelle di Battisti nella nebbia, dove è finita la ricerca dell'appagante sensazione di vivere utilmente senza essere utili a chiunque che ne sia degno, dove è il sollievo di una giornata finalmente finita? Dal primo mattino il virus ha attaccato le mie cellule e mi ha fatto cantare in macchina e mi ha fatto mangiare così tanti dolci da stupire le mie papille gustative non avvezze a simili godurie e mi ha fatto gioire della gente intorno che ho sentito ridere con me, che mi sono riascoltata ridere...e la voce era bella e ho tanta voglia di riascoltarla ancora e ancora...non mi farò curare, credo. Non fino a quando conoscerò la natura della malattia di cui sto soffrendo.
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