Porto Ercole

Porto Ercole

giovedì 26 dicembre 2013

Cercasi vischio per il 31!

Passato Natale e fra poco anche Natalino, posso ufficialmente affermare che in questi giorni, da tanti odiati e denigrati per svariati e variegati motivi, ho potuto riassaporare la gioia delle feste. Quella gioia semplice, fatta di piccole cose, come i preparativi e la scelta dei regali, il mangiare buono, la casa abbellita dagli addobbi e i film scemi, quelli intrisi di buoni sentimenti. Ebbene sì, lo ammetto. Solo la notte tra il 24 e il 25 me ne sono visti almeno cinque, uno più mieloso dell'altro, uno più gravido di scintillanti alberi di Natale, lucine, famiglie felici, fabbriche di cioccolato e barbuti Babbi Natali dell'altro...anzi, in uno dei film Babbo Natale era piccolo, poi giovane apprendista falegname e infine un anziano e bonario signore! Due giorni sereni, insomma, le preoccupazioni rimandate di qualche ora e la pancia piena. Storcete il naso? Dite che non tengo conto dell'ipocrisia e della falsità che permeano gli ostentati sorrisi e le frasi fatte degli auguri? Ma chi se ne importa!  Si può far finta che tutti ci vogliamo bene e che ci vorremmo sempre bene per tutto il resto del nuovo anno almeno per due giorni all'anno? Possiamo rallegrarci dell'atmosfera calorosa e delle tavole imbandite e delle città vestite di luci almeno per un pochino?  C'è tempo per inveire, infierire, odiare, arrabbiarci e scatenarci in accuse e recriminazioni. C'è tempo per indignarci del mondo in cui viviamo, ascoltare notizie terribili,  lottare per vivere dignitosamente tra lavoro, problemi e bollette che scadono. Ci sono almeno 363 giorni per farlo. E allora! I miei due giorni vissuti tra risate e la gioia di stare con i miei cari sono stati belli. E me li tengo. E voglio anche il bacio sotto il vischio! E il prossimo Natale...si vedrà! Via, inizia il film. Un Christmas film, naturalmente!

martedì 10 settembre 2013

E' finita la scuola. La scuola è finita.

Di fronte ad una nuova classe in entrata in prima superiore, il mio primo istinto è di capire che cosa passa loro per la testa agli alunni che mi trovo davanti. Il primo giorno, di solito, sono intimoriti, timidi, silenziosi. Però ti studiano. Lo vedo dagli occhi, che si posano sulla mia figura, sul mio abbigliamento, sul mio viso. Alle prime domande, giusto per sapere da dove provengono, le risposte sono monosillabiche, brevi, incerte. E' solo il primo giorno, penso. Il secondo giorno una collega mi avverte che - Circolano "voci". - Che voci-, dico. - Che pretendi troppo- risponde.  Per uno scrupolo quasi infondato, mi sto riguardando i programmi dell'anno scorso. Pochi punti, quelli scontati, classici. Non un approfondimento, non un guizzo di originalità. Un programma banale, da Istituto tecnico. Si perchè, mi hanno detto, che cosa vuoi pretendere? Dobbiamo adeguarci al loro livello. Al collegio docenti è stato ribadito...in fondo i ragazzi sono cambiati, hanno altri interessi e bisogni, usano un linguaggio diverso, dobbiamo adeguarci. I genitori fanno la fila per parlare con il preside..chiedono poche interrogazioni e programmate, in modo che sappiano quando devono studiare. Chiedono che non vengano troppo pressati, non esiste mica solo la scuola! E poi molti lavorano. Che pretese questi insegnanti. Pensano che i loro figli possano sostenere due interrogazioni di due materie diverse in un giorno. Il preside ci chiede di considerare il fatto di inserire nella programmazione, le date delle interrogazioni. E va bene, adeguiamoci, tanto, penso, chi me lo fa fare. Chi me lo fa fare di ritrovare lo spirito, l'entusiasmo, la voglia di migliorare il livello culturale di questi ragazzi...chi me lo fa fare di considerarle persone in crescita, e non alunni di un istituto tecnico, che tanto non hanno bisogno di cultura generale. Chi me lo fa fare...Un alunno di seconda che è tornato nella nostra scuola dopo aver sperimentato l'anno scolastico precedente in un commerciale di Grosseto, mi ha detto che è tornato da noi in quanto là - non gli piacevano i professori...troppo severi!- - Severi in che senso- chiedo. - Nel senso che ci davano molto da studiare e in classe non si poteva neanche chiacchierare tra noi, altrimenti erano note- . -Ah ecco, vi davano da studiare e tu hai cambiato scuola- Bravo hai fatto bene, rispondo. Infatti anche io non pretenderò più che studino. Non pretenderò più che non parlino durante le lezioni. O che si alzino o che facciano la fila per andare in bagno a tutte le ore. Non pretenderò più che svolgano i compiti a casa o che si preparino per tutta la durata dell'anno. Tanto. Chi me lo fa fare. Chi mi lo fa fare di ricordare cosa era la scuola. La scuola è finita. E' finita la scuola.

martedì 3 settembre 2013

Altro elenco del mi piace- non mi piace

A distanza di un anno mi accingo a ripensare di nuovo ai miei "mi piace-non mi piace". Ormai è diventata consuetudine, se non lo facessi mi sembrerebbe di fare un torto alla mia mente contorta. Allora, vediamo un pò...

Mi piace:

- la mia caffettiera Alicia che mi rende meno traumatico svegliarmi di buon mattino.
- la frescura delle mie lenzuola
- il nuovo romanzo di Montalbano
- le commesse che si rivolgono a me con il "tu"
- le patatine fritte
- l'idea di poter viaggiare tanto
- l'idea di un vestito nuovo
- l'idea di un buon sonno
- camminare nell'acqua
- le coccole
- gli occhi che si incrociano con lo sguardo e si capiscono.
- i regali inaspettati
- ......... questo non si può dire!
- fugare i dubbi che mi affollano la testa.
- la birra fresca
- il pollo al curry
- il pollo al curry con il riso
- la cena pronta.

 Non mi piace:

- il foulardino al collo che fa tanto prof.
- chi se lo mette
- i saluti di circostanza
- le bugie
- il voler nascondere a tutti i costi le bugie
- questo post
- ma non lo cancello, ormai è scritto
- non lo so che non mi piace in questo momento...
- ah si...che il viaggio resti solo un'idea
- che il vestito resti solo un'idea
- che stanotte non dorma
- l'acqua fredda della piscina in inverno
basta perchè non ho più voglia. Continuo domani. Ciao.
- ( anche perchè non ho la cena pronta e ho fame).

domenica 1 settembre 2013

Per la prima volta mi appresto a vivere Settembre senza particolari rimpianti. Mi aggrappo alla vite, pianta forte e terrena per ritornare alla realtà di sempre, tanto è questo che conta. La realtà con i suoi risvolti inaspettati, con le speranze a volte tradite, con lo scorrere delle ore vuote. La pergola sul viale che porta al mare ha quasi perso il colore brillante delle foglie...fra poco  volgeranno all'arancio, al giallo, al marrone bruciato...io cammino, col mio incedere stentato, tra i  colori melanconici e lascio che il tempo scorra come vuole, ho da poco imparato che non serve rincorrerlo per mutare le nostre sorti. Il destino si è affacciato alla soglia della mia esistenza a volte prepotente, facendomi credere nel mutare felice della sorte, a volte mi ha voltato le spalle e ho cercato di richiamarlo gridando. Oggi non ne ho voglia. Cominci pure il mese di Settembre senza di me. I fiori  che ho piantato nei vasi al posto dei gerani, fioriscono comunque, anche se me ne dimentico per un pò...non hanno bisogno di molta acqua. Io mi farò bastare quella che ancora mi resta, sperando che riesca a dissetare la mia voglia di vivere e i desideri che ancora conservo nel mio cuore. 
.    

giovedì 20 giugno 2013

Se solo potessi.

Se solo potessi guardarti da lontano, nascosta ai tuoi occhi dal divertimento che emani intorno, dalla gioia con cui gesticoli, ridendo tra gli altri...col mare che luccica e il sole caldo di cui ti nutri.
Se solo potessi parlarti, con un gesto della mano, richiamarti a me e una volta vicino dirti: - Io ci sono-
Se solo ti vedessi allontanare,  immemore di quello che è stato e di quello che ho creduto che fosse, di nuovo confusa  tra i tuoi pensieri....
questo solo basterebbe per riprendere la mia strada.   

giovedì 13 giugno 2013

Paure.

Mi mettevo nel lettone di nonna Santina e fissavo quel quadro. Ero piccola ed erano i tempi in cui, d'estate, alle due del pomeriggio, i bimbi dovevano fare il sonnellino. Il quadro sembrava venire verso di me. C'erano gli occhi di Sant' Antonio che mi fissavano, con quei fiori, di cui non conoscevo ancora il nome, in mano e accomodato su un braccio del santo, il Bambino Gesù, bello, con i riccioli biondi e grassoccio, con la manina alzata nel segno della benedizione. La camera di mia nonna era al buio, con le tende tirate per non far entrare il caldo, e la cornice di legno massiccio contribuiva a rendere il tutto ancora più cupo.  Non riuscivo ad addormentarmi, naturalmente. Pensavo che da un momento all'altro quelle figure si sarebbero staccate dal muro, avrebbero preso una dimensione corporea e sarebbero volate nella stanza, lasciando lo sfondo bianco e una cornice vuota. Il momento della fine del riposino diventava una liberazione. Non era successo nulla di quello che temevo, ma il giorno dopo la cosa si sarebbe ripetuta nello stesso modo. Ancora adesso, se devo entrare in una chiesa che non conosco, lo faccio con aria guardinga,  evitando le nicchie dove potrebbero nascondersi quadri con le cornici di legno massicce, rappresentanti immagini sacre o Cristo appeso in croce,  specialmente se le sculture sono di legno. La mia voglia di conoscenza spesso mi costringe alla razionalità e mi soffermo ad osservare i quadri che ornano i luoghi di culto dei Paesi che visito, ma con l'angoscia che cresce e che mi costringe ad uscire di fretta all'aria aperta. Oggi si festeggia Santo Antonio. Mi piace questo santo, dall'aria mite e benevola, a guardarlo nell'iconografia tradizionale con gli occhi dell'adulta.. A Padova mi sono appoggiata al sarcogafo che conserva le sue spoglie, con la consapevolezza dello scettico che riconosce il valore affettivo che la mia famiglia ha sempre avuto per lui. E con questo post faccio anche gli auguri di buon onomastico alla mia mamma Antonia e a tutti quelli che si chiamano Antonio.    

lunedì 10 giugno 2013

Quattro sorelle in barca

-Eh! Lo scirocco è brutto a Porto Ercole!-  La mia mamma parte in sordina. Sembrano frasi buttate là, mentre si discorre placidamente durante il pranzo della domenica. Magari di tutt'altra cosa.  Il curioso è che dopo essere passati nella conversazione su altri argomenti già da un pò, la mia mamma riprende. Questa volta ci mette il carico. - Io per lo scirocco una volta ci stavo perdendo la vita- dice...e continua, sicura che intanto tutti noi abbiamo alzato gli occhi verso di lei, le forchette a mezz'aria, gli orecchi "inorecchiti" , pronti a sentire una nuova surreale storia al tempo della sua giovinezza scapestrata.  - Una volta partiamo io e quattro suorine giovani, più una cugina che ci doveva fare da guida, con una barchetta a remi alla volta della Grotta dei Santi. Le sorelle erano curiose di vedere questa meraviglia della natura e mia cugina si era offerta di accompagnarle. ( la mia mamma è una grande...le suorine giovani, ma non è fantastico?). Arrivate vicino alla grotta, cantando e ridendo, con le suorine alle quali non pareva il vero di farsi una gitarella in barca, ci coglie improvvisamente lo scirocco. Il mare ci trascina avanti e indietro, la barca inizia ad imbarcare acqua. Io e mia cugina tentavamo di remare ma non c'era niente da fare, eravamo in balia della tempesta. - Ed ecco il colpo si scena. ( c'è sempre nei racconti di mia mamma il colpo di scena.) - Le suorine prendono dalle tasche i rosari ( ma ve lo immaginate?) e cominciano a pregare, pregare(!!!) mentre noi remavamo, remavamo. Sembrava tutto inutile, la barca era oramai piena d'acqua e stavamo affondando, quando..una cima! Dei marinai su una barca erano riusciti ad affiancarci nonostante la tempesta e ci lanciavano una cima,  con la quale ci trainarono fino a riva, a godersi lo spettacolo delle povere suorine completamente zuppe e terrorizzate...eh  se mia mamma si fosse ricordata del detto ".Marinai, suorine e guai non mancano mai!"
Ma soprattutto avesse saputo che esiste l'Istituto delle suore francescane in  ...via Dalla Barca a Vercelli! 



martedì 21 maggio 2013

Che dire.

Il ragazzo si trascina sulle gambe con il registro in mano. Entra in aula professori, viene verso di me. Pacatamente, senza fretta. La fortuna ha voluto che la Prof. adesso in aula che fa lezione, mandasse proprio lui a cercarmi. E fra l'aula e la sala professori c'è un bel tratto da percorrere...si è no 100 metri! Ma quel tanto che basta per perdere almeno almeno 10 minuti di lezione, fra andare ( mooolto flemmeticamente!) e tornare. Ha un sorrisino accennato sulle labbra. _ Prof, ma che mi combina? Guardi qui- E mi apre il registro sotto il naso. - Che c'è? - Dico - C'è che deve essere innamorata. Ha firmato alla sesta ora e adesso, purtroppo, siamo solo alla terza...La Prof. R...mi ha mandato da lei in modo che corregga, non ha il posto per firmare!- ( insomma detto così sembrerebbe che il ragazzo azzecchi tutti i congiuntivi, in realtà ho aggiustato leggermente il discorso) Sfoglio il registro. E' vero. Non solo ho firmato nel posto sbagliato per oggi, ma ho occupato con la mia firma e le mie lezioni le seste ore di tutti giorni a venire....guardo il mio alunno. Sto per ridere con lui. Di me. Ma lui non ride di me...è un sorriso... complice. Che ci vuoi fare Andrè. Sarà come dici tu. O forse no..chissà! Anche io sono arrivata al limite, mica soltanto voi!  - E chi le ha detto niente Prof.! A me mi ci hanno mandato! Ambasciator non porta pena...- Esce con la solita flemma. Trascinandosi sui piedi stanchi. So che sta ridendo...con me, non di me.

venerdì 26 aprile 2013

Apatia

Per avere voglia di comunicare occorre essere felici. Che parolona...per lo meno sereni sì. Quando il mio spirito si nutriva di emozioni, scrivevo, scrivevo...pagine e pagine digitate con fervore, polpastrelli consunti di parole convinte e spinte fortemente sulla tastiera, quasi a voler marchiare di più sullo schermo i pensieri che andavano fluidi, animati dalla linfa dell'adrenalina. E' l'apatia la peggior nemica della lievità dell'animo. L'apatia che deriva dallo scorrere sempre uguale dei giorni, da falsi guizzi di contentezza, dai fasulli spasmi del cuore che ogni tanto appaiono per poi altrettanto repentinamente sparire, svelati dalla verità amara delle esperienze. L'apatia che ti porta a non spenderti, a ripiegarti su te stessa, guscio vuoto di sensazioni svuotate da significati profondi, apparenti immagini di una vita che sembra aver perso spessore. Metterò una bella pianta di fiori colorati sul balcone. Per il momento gli altri, alzando gli occhi, immagineranno come potrebbe essere la mia vita, se solo ne avessi un poco
di voglia.

lunedì 11 marzo 2013

Mi resta ancora.

Ho troppi buchi nel cuore.
Ma quello che resta è allegro.
Respinge
Adesso
che gli occhi si bagnano
di novelle delusioni,
risa false
parole al vento
energie sprecate
di chi non ha compreso
che quel che resta
ancora dopo tutto,
è quanto di più prezioso
possa trovare.

domenica 10 marzo 2013

Di colpi in colpi...

A forza di colpi  ..della strega! ( cosa avevate capito eh?!?!!?) rischi di sentirtici davvero una vecchia magera! Sei quasi rassegnata a trovarti periodicamente piegata in due e neanche in avanti, ma di lato, inclinata a 65% rispetto al pavimento, impossibilitata a compiere qualsivoglia movimento pena fitte indicibili e manifestabili tramite gemiti o urla se, dimenticandoti per un istante della tua penosa condizione, ti alzi di scatto dal posto dove fra indescrivibili contorcimenti eri riuscita a posarti  Ecco. Trasferite questo quadro già di per se deprimente, in un luogo in movimento ondulatorio e sussultorio, dotato di sedute scomode e rigide, al quale si accede rampando scaloni tanto alti che per arrampicarsi occorre essere dotati di articolazioni da contorsionista , tanto più se le mani sono occupate dalle valigie e la borsa a tracolla è pesante come un macigno tante le cose che hai pensato bene di portarti oltre quelle già messe in valigia... Ebbene si, ieri sono partita con il mio bravo colpo della strega in ..treno! Il problema non è stato tanto quello di riuscire a trascinare la valigia giù per le scale, metterla in macchina, mettermi io stessa al volante, riuscire a muovere i pedali per far camminare la macchina, scendere dalla macchina ( sempre piegata in due), togliere la valigia dalla stessa, mettermi a tracolla il borsone ( dall'altra parte dell'inclinazione forzata del corpo in modo da compensare il piegamento)  salire sul treno, ( ohi ohiii ohiiiiiii ) farmi strada tra la folla nei corridoi come se fossi due persone, visto che lo spazio che si occupa in tali condizioni segue una linea orizzontale più che verticale, trovare un posto, sedercisi alla velocità di un bradipo, con gli altri passeggeri spazientiti perchè impossibilitati a passare finchè non mi fossi seduta... Il problema è stato quando, dopo tre ore di treno praticamente nella stessa posizione di partenza, hai dovuto alzarti per scendere, fra gli sguardi attoniti e misti fra ribrezzo e pietà della gente, che ha assistito allo spettacolo di un corpo deforme che si materializzava da un seggiolino, si contorceva  verso l'uscita e rimaneva con i piedi uno su uno scalino e uno su un altro a mò di spaccata mentre lanciava la valigia giù sul marciapiede della stazione chiedendosi in che modo e quando sarebbe riuscita a raggiungerla...

domenica 20 gennaio 2013

Allontamento esponenziale dal dovere.

Condivisione/ scambio/ dialogo/ dare e ricevere/ contratto educativo/ termini che un tempo contrassegnavano il rapporto insegnante-alunno, al giorno d'oggi si sono trasformati in una affermazione non esplicitata verbalmente ma implicita nella testa della quasi totalità degli studenti:- I professori sono aguzzini in quanto ci costringono a studiare cose di cui non ci importa assolutamente nulla. per questo studio quel poco che mi consenta di non prendere un voto inferiore al 5 e solo e soltanto quando suppongo che quel giorno sarò interrogato ( con diritto di replica  sul diritto del professore di interrogarmi nel caso quel giorno non fossi mini-preparato). E così progressivamente il rapporto educativo si sta risolvendo in una serie di trasmissioni di micro informazioni e nella valutazione attraverso la quantificazione numerale di questo sottosurrogato bignamesco da parte del docente. Punto. Punto e basta. Niente di più. 
Questo dovrei fare nei prossimi 15 anni che mi separano dalla pensione? Trovarmi di fronte ogni santa mattina a dover svolgere un lavoro depauperato dalle sue fondamenta che , fra le altre cose, prevede non che debba trasmettere nozioni, quanto di aiutare gli alunni nella rielaborazione personale e creativa di tutto un mondo di stimoli che la scuola offre, sempre se le sia  permesso...non credo debba essere questa la mia strada futura...

mercoledì 16 gennaio 2013

Aphonist

Quando intorno a te le persone ripetono tutte le stesse frasi :- Che hai detto?- - Scusami puoi ripetere? Non ho sentito... Oppure emettono un suono prolungato del tipo: - Ehhhhhh???- O quando nella peggiore delle ipotesi accostano il loro orecchio alle tua bocca ( premetto che non sto parlando di nessuna strana posizione! :) ))) ) allora non c'è dubbio: hai perso la voce! Se tu fossi un monaco tibetano dedito per 12 ore al giorno alla meditazione, non sarebbe un gran danno...il fatto è che sei circondata da situazioni che richiedono il pieno possesso dei suoni articolati che escono dalla tua bocca per mezzo delle corde vocali, detti comunemente parole. Hai voglia a gridare a Gattino di non mettere il muso nel piatto dove ti sta aspettando la tua cena...così come è perfettamente inutile rispondere al telefono o chiedere al banco del pizzicagnolo cosa ti serve...tanto meno potrai cercare di spiegare la lezione agli alunni voltando loro la schiena e scrivendo alla lavagna...il risultato sarà che  1) Gattino si leccherà i baffi, pensando che forse quella sera è il suo compleanno; 2) al primo tentativo di : Pronto! che farai, dall'altra parte della cornetta avranno già buttato giù  pensando di avere a che fare con un maniaco 3) il salumaio scambierà " un etto di mortadella" con " er teg....me de tu' sorella", con relativa cacciata dal negozio a calci e infine 4) gli alunni avranno tirato fuori all'unisono i loro cellulari emergendosi beatamente nella loro e spesso unica occupazione principale, mandare messaggini... Ti potrebbe capitare altresì, sempre afona, di dover arrivare in un paesino sperduto della Tuscia viterbese per passare una piacevole serata ad ascoltare due amici musicisti, in compagnia della tua amica...che c'entra la voce direte? A parte che l'intero tragitto sarà contrassegnato da quel suono di cui sopra che per tutto il tempo la tua amica pronuncerà nel tentativo di capire che caspita vai dicendo ,  se poi per arrivare in questo paese il navigatore ti fa passare, di notte, in uno stradello tipo mulattiera, in mezzo ad un bosco buio e piuttosto inquietante e non puoi neanche esprimere con grida di paura e imroperi alla volta della signorina navigatrice, allora si che non potrai fare altro che diventare una specie di marionetta disarticolata per esprimere, a gesti, quel che non puoi esprimere con la voce...specialmente se ritorni con la mente ( tanto a parole non potresti!) a quel famoso film in cui Benigni e Troisi si ritrovano  nel paese di Frattole, catapultati nel Medioevo, dopo aver raggirato un passaggio a livello che non si alzava mai....ebbene immaginate di notte, in un bosco, in un posto non bene identificato, nessuna anima viva o autoveicolo nel raggio di chilometri, trovarsi improvvisamente davanti un passaggio a livello alzato, si, ma senza casellante...una, quella ancora con la voce, una voce strozzata dalla paura, che grida :- Non passo, non passooooo- E l'altra con la bocca aperta nel tentativo di gridare....Passaaaaa, dai passaaaaaa!!!! Senza che esca nulla.! Esperienze da ricordare davanti al camino, con la calzetta fra le mani fra una ventina di anni...