Porto Ercole

Porto Ercole

domenica 22 gennaio 2012

Racconto breve seconda parte. Tu che non mi vuoi, ma che ti lasci cercare

Se non ce la faccio ad addormentarmi subito, mi piace gustarmi la scena.

Siamo ancora vicini, nel buio della macchina. Il posto non sempre è quello giusto, ma sempre uguale, poco illuminato, la luce dei fari delle macchine che passano lontane, arriva sfuocata fino a noi. Questa volta le mie mani sono strette l'una all'altra, non sfiorano le tue gambe; la mia testa è eretta, per niente protesa a chiedere un bacio, guardo avanti, non cerco i tuoi occhi, quegli occhi così indifferenti, così lontani, così sprezzanti, quando ti incontravo, un pugno nello stomaco, in mezzo alla gente. Hai perso quell'aria di sfida, la tua testa è inclinata in avanti, si piega sempre più sotto il peso delle mie parole, che bello! Il mio discorso è fluido, regolare, la voce non trema, mi sto liberando di tutto ciò che per anni ha occupato i miei pensieri, senza poter dire, senza poter spiegare, senza poter chiedere. Il suono delle mie parole è limpido, non assomiglia più ad un pianto  / il suono petulante di un lamento/.  Alla fine la mente si svuota dalle parole compresse per un tempo che mi è parso infinito. 

Ora le parole tacciono, anzi no, ancora le ultime per chiederti di riportarmi alla mia macchina _ Dove è che l'abbiamo lasciata?_ E poi io che scendo senza voltarmi, senza la solita implorazione, senza quel senso di impotenza che da sempre mi ha accompagnato nel salutarti.
Ti vedo osservarmi mentre mi allontano/ triste/ incredulo/ finalmente sconfitto da ciò che eri, da ciò che sei, credo, ancora adesso. Forse ricercavi nei miei occhi la luce che un tempo/ si rivolgeva ai tuoi/ con la richiesta silenziosa di chi sa di non poter avere quello che desidera/ se non dopo una lunga agonia?

O la cerchi, quella luce per confermarti che ancora sei presente nei miei pensieri? Non lo sei, il vuoto   fa il padrone, adesso, nel mio cuore.

Nessun commento: