Porto Ercole

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venerdì 22 gennaio 2010

Arte contro serenità d'animo?

Lo spunto mi è venuto guardando Zelig alla tv. La sensazione di stare bene, almeno nel momento che si ride di gusto,  secondo me dà vigore ed energia all'uomo e lo induce all'azione. Azioni che non possono non essere positive, visto che non è possibile ridere e nel contempo pensare qualcosa di brutto. Mi sono chiesta se questo momentaneo senso di benessere producesse anche azioni creative, fantasiose se non  artistiche.
Molta storia della letteratura, una grande quantità di dipinti e sculture, ci hanno insegnato che per essere artisti occorra un animo tormentato, una vita infelice, una predisposizione all'abbruttimento fisico e mentale. I miei scrittori preferiti, così come i miei pittori e scultori più amati, non manifestavano certamente allegria o gioia di vivere...Pietro Verri dedica all'argomento un brano " L'uomo che osserva le nubi" Tratto dall'opera "Discorso sull'indole del piacere e del dolore". _ La musica, la pittura, la poesia, tutte le belle arti hanno per base i dolori innominati; in guisa tale che, se io non erro, se gli uomini fossero perfettamente sani e allegri, non sarebbero nate mai le belle arti.-
Insomma, secondo Verri, la malinconia e la sofferenza inducono l'uomo alla sensibilità verso la produzione e la fruizione dell'arte, lo rendono partecipe e lo fanno immedesimare nella sostanza dell'opera d'arte.
Sarà sempre vero? Io credo che quando il cuore e la mente si libera dall'oppressione e dal dolore, l'apertura verso la vita si fa più intensa e con questa la possibilità di recepire sensazioni ed emozioni tali da costruire qualcosa di bello, anche nell'arte, che non è se non bellezza allo stato puro...
Tutto questo è in qualche misura collegato alla questione dell'arte legata al discorso impegnato, se cioè certi generi di film o di pittura o di musica possono rientrare nel "genere artistico" o se al contrario, inducedo alla spensieratezza sono soltanto momenti di svago che lasciano il tempo che trovano e propri di un pubblico "popolare".  
Ricordo una sera, uscendo dal teatro dove avevo assistito ad una piacevole commedia di Edoardo De Filippo, colsi alcuni commenti di un gruppetto di signore "imbellettate da teatro", le quali, per ammettere di essersi divertite, dicevano che:- D'altro canto ogni  tanto si può anche venire a teatro per ridere...-
Posso concludere affermando che pur di non confondermi con tale genere di persone "formalmente intellettualoidi" assisterò agli spettacoli e alle mostre non degne, per alcuni, di essere annoverate fra le opere d'arte, con l'entusiasmo e il puro gusto del mero divertimento fine a se stesso!

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